L’Ex Mira Lanza: un luogo potente e bellissimo ma anche sensibile, gioiello dell’archeologia industriale romana, nel cuore del quartiere Ostiense è protagonista di un’operazione particolare. Ho incontrato il curatore del progetto “Ex Mira Lanza Museum, MAGR, Museo Abusivo Gestito dai ROM ”, Stefano S. Antonelli, e insieme abbiamo approfondito la questione della gestione del sito e del destino dell’opera qui compiuta.
Ma procediamo con ordine.

Mentre si cammina nella zona di Roma tra il quartiere Ostiense e Marconi si scorgono costruzioni che testimoniano il passato industriale della città. Riconoscibile subito il Gazometro, che fa parte ormai dello skyline della città, ancora l’Ex Mattatoio, gli Ex Mercati Generali, la Centrale Montemartini. Dopo aver percorso il Ponte della Scienza ci si incammina su via Tirone, qui si scorge prima un capanno, poi una ciminiera, ancora un capannone. Ci si trova di fronte ad un’ampia area dismessa, le strutture di mattoni rossi saltano all’occhio soprattutto quando si confrontano con i residence e gli hotel costruiti a pochi metri di distanza. Il contrasto è palese, quasi sconcertante.
Si tratta dell’ex stabilimento di saponi della Mira Lanza che venne aperto a Roma nel 1918 e chiuso, dopo un’intensa attività, nel 1955. Inserita nel “Progetto Urbano Ostiense-Marconi” avviato fin dal 1995, l’ex Mira Lanza avrebbe dovuto rappresentare il nodo centrale del programma di riqualificazione di quest’area, ma solo un terzo dell’ex fabbrica è stato restaurato (l’attuale Teatro India). Era previsto che parte del complesso fosse utilizzato dall’Accademia di Arte Drammatica “Silvio D’Amico” e che venisse realizzata una residenza per studenti universitari. Nulla di tutto ciò si è realizzato e, anzi, nel 2014 il capannone centrale della struttura è stato semi distrutto da un incendio.
Nel maggio del 2016 Stefano S. Antonelli, fondatore della 999contemporary , aveva proposto all’artista francese Seth di partecipare al suo progetto : una residenza d’artista in collaborazione con il Teatro India.
L’artista aveva scelto, però, la fabbrica abbandonata come palco della sua opera. Per due mesi egli ha lavorato in un luogo proibito senza che si scatenasse l’ira della pubblica amministrazione. L’opera di Seth, dal titolo Range ta chambre, si mescola in maniera del tutto naturale con la carcassa della fabbrica, i rifiuti diventano parte integrante dell’opera e disturbano l’osservatore che non può rimanere passivo e indifferente.
Dialogando con il curatore scopro di essere di fronte al duale logico del Macro, la sua negazione. Non più il White Cube, dispositivo di verità, che certifica le opere al suo interno assegnandogli le etichette di “opera d’arte”.
Nell’ex Mira Lanza è l’opera che crea il valore, è l’arte stessa che determina l’istituto museale. Si tratta di una gestione tutta particolare. Inizialmente il luogo era abbandonato. In seguito una famiglia ROM, poi tante altre hanno colonizzato l’ex fabbrica. L’occupazione del sito è conosciuta dalle autorità che dicono di non poter far nulla. L’insediamento potrebbe costituire un limite alla fruibilità del luogo, ma più che altro si tratta di un filtro. Chi davvero vuole ammirare i disegni di Seth non si lascia troppo scoraggiare. Una volta entrato, il visitatore scopre la grande civiltà che si cela dietro un’operazione di questo tipo: un museo senza allarmi dove gli stessi abitanti sono custodi del tesoro con cui convivono.

Di questo complesso di opere e del progetto ha parlato il The Guardian , e numerose sono state le visite illustri tra cui quella dello stesso vicesindaco di Roma e assessore alla cultura, Luca Bergamo. Molte sono state anche le questioni sollevate, dall’insediamento ROM presente all’interno dell’ex fabbrica, alla fruibilità e soprattutto alla conservazione dell’opera, che comunque è costantemente monitorata nella sua naturale evoluzione ed invecchiamento.
Restano gli interrogativi sul futuro di questo luogo che è l’esempio di un ambizioso progetto. Si rimane di fronte ad un altro paradosso di estrema bellezza e grande degrado.