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La Pratica Polisonum. Ovverosia l’Arte della decodifica del suono circostanziale.

Ad oggi, la ricerca in campo artistico sembra abbia subito un’inversione di rotta.

Dalle performance alle sperimentazioni di video art che avevano caratterizzato gli ultimi decenni del ‘900, l’interesse di investitori e galleristi è tornato (o meglio, si è palesato nuovamente) nei confronti del figurativo su tela, come la μίμησις (mìmesis) non avesse mai perso la sua effettiva egemonia in campo artistico dal V secolo a.C. fino ad ora, lasciando a pochi e solitari coraggiosi il compito di incentivare  la scarcerazione intellettuale dal pensiero unico dell’economia dell’arte.

A livello nazionale, è possibile citare – tra questi sperimentatori contemporanei – il collettivo Polisonum, attivo da qualche anno sulla scena romana e con alle spalle una serie di collaborazioni interessanti e conferme professionali.

Tra di esse basti ricordare la presenza biennale a SetUp Contemporary Art Fair che li ha recentemente visti come ospiti dell’evento collaterale BREAK! con l’opera Mouvement – invitati dalla curatrice Manuela Valentini – o le partecipazioni ad ArtVerona (Verona, 2017, ottobre) ed a The Others (Torino, 2017, novembre), tra le più prestigiose.

Mouvement. Set Up
Courtesy of Polisonum

Influenzati dal lascito di alcune delle più significative figure del secolo precedente occupatesi di suono e manipolazione musicale come Pierre Schaeffer e John Cage e muovendosi anche sui postulati echini di Opera Aperta, Polisonum rielabora il sottofondo musicale del quotidiano mediante l’utilizzo di sculture interattive, che restituiscono al loro fruitore un’esperienza totalmente immersiva nella composizione sonora del tessuto urbano e non solo.

Di seguito, un approfondimento sul lavoro di questi talentuosi ragazzi, dalle origini della loro ricerca al corrispettivo pratico in cui essa è andata effettivamente a declinarsi.

Quali sono le ragioni della vostra ricerca e la motivazione che la spinge?

L’esplorazione e la ricerca artistica celano anche indagini di tipo interno e personale: comprendere un determinato luogo implica anche capire le ragioni che ti hanno spinto là. Il suono diventa quindi in tal senso uno strumento di conoscenza. 

Il fenomeno sonoro è inteso come metodo e dispositivo di indagine per esplorare le metamorfosi nei luoghi della storia e della contemporaneità, nei paesaggi e nelle geografie. 

In ogni caso, la modalità è molto pratica. Il progetto nasce infatti dalle prime sperimentazioni  di field recording, un interrogarsi sul caos urbano e sulle possibili modalità per “interpretarlo”.

Come è stato precedentemente accennato, la sperimentazione artistica di Polisonum nasce concentrandosi sul tessuto urbano per poi spostarsi verso paesaggi naturali. Perché questo cambiamento?

Ciò che ha naturalmente mosso il collettivo verso questa scelta è stata la volontà di espandere la ricerca.

L’interesse si concentra sul suono relativo allo spazio: entrambi sono elementi che si influenzano vicendevolmente. Non esiste infatti un suono senza uno spazio che lo accolga e permetta ad esso di diffondersi.

778FS
Courtesy of Polisonum

Dunque si può dire che il suono modifichi e manipoli lo spazio e che Polisonum a sua volta manipoli il suono per renderlo ulteriormente responsive rispetto all’individuo che lo vive. Ma tecnicamente, in che cosa consistono le vostre opere? Prendiamo l’esempio di 778FS, presentata recentemente ad ArtVerona 2017.

778FS è un cammino di 15 chilometri lungo un tratto ferroviario abbandonato nella Puglia centrale. Una ricerca sul paesaggio sonoro e visivo di un luogo non facilmente accessibile.

L’opera è uno spazio interattivo che consente al fruitore di ripercorrere i diversi step della ricerca. Il suo comportamento interattivo si fonda sull’utilizzo di tecnologie open source, dunque alla portata di tutti

Questi sistemi, composti da sensori, microfoni, videocamere e rilevatori di prossimità e peso, rappresentano per noi la possibilità di aggiungere una dimensione trasversale all’opera, fornire più chiavi di interpretazione legate all’esperienza di ciascun fruitore.

778FS
77FS, 2017. Courtesy of Polisonum

Durante la fruizione, infatti, l’opera cambia continuamente, facendo sì che lo spettatore non veda mai la stessa realtà ne senta mai lo stesso suono. Un tentativo di restituire una realtà analogica.

La produzione artistica del collettivo, dunque, vuole stimolare in primis delle sensazioni nel suo fruitore. Nello specifico, però, a che pubblico si riferisce?

Nelle esperienze collezionate fino ad ora il pubblico è stato molto eterogeneo, in molti casi una traccia di lavoro resta, e di questa siamo contenti.  L’arte ha il compito di creare senso comune.

Dal momento che vi servite di supporti tecnologici che tra alcuni anni potrebbero venire soppiantati da altro, come vi ponete rispetto alla questione dell’effettiva conservazione e riproduzione delle vostre opere nel futuro?

L’uso di questo tipo di tecnologie nell’arte è una realtà e per noi uno strumento per nuove possibilità di creazione di un’opera.

Ci piace pensare alla questione della conservazione con metodo tradizionale da un punto di vista sonoro, preservando il processo di ricerca e la collezione di dati che ha generato su diversi supporti analogici, spesso a complemento dell’opera.